dimanche 20 avril 2008

Transumananze, l'incontro di un monaco benedettino con la filosofia post-moderna francese

Ho conosciuto Ivan Nicoletto nell'estate 2004 in occasione della settimana di mistica cristiana organizzata ogni anno nel Monastero di Camaldoli. Camaldoli è un luogo dove si incrociano uomini e donne di orizzonti diversi, dove il dialogo non è un esercizio, ma uno stile di vita, dove ci si sente accolti nel rispetto della diversità, dell'alterità e della lontananza.
Questa premessa non è, tuttavia, bastata a prepararmi alla lettura di Transumananze, sottotitolo "Per una spiritualità del/nel mutamento" (Città Aperta, 2008). Ivan elabora, con un linguaggio apertamente mutuato dalla filosofia postmoderna francese e valendosi anche di opere d'arte contemporanea, un approccio postmoderno alla spiritualità cristiana di difficile comprensione per un pubblico di non "iniziati".
Non sono convinta del risultato. Nel capitolo conclusivo, intitolato il posto vacante di Dio, Ivan fa questa ipotesi: "Dio potrebbe essere:
- tutto quello che non smette di muoverci;
- tutto quello che in me sporge su niente e rimane fuori della mia portata;
- tutto quello che in me non mi basta e mi tiene aperto su altro;
...
- tutto quello che apre, essendo Dio l'Apertura spalancata e senza fondo che fa in modo che il mondo si faccia, si compia ... e che noi possiamo affidarci, sperarvi, amarlo."
Non riesco a cogliere il nesso tra queste eteree immagini di Dio e il Dio incarnato in Gesù Cristo. Trovo molto più convicente e altrettanto postmoderna la lettura "debolista" della kenosis fatta da Gianni Vattimo in Credere di credere (Garzanti 1996), ma forse non faccio parte degli "iniziati".

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